Regia: Emidio Greco
Durata: 110 min
Anno di produzione: 1974
C'erano anni in cui i termini "Fantascienza Sociologica" e "Cinema Italiano" potevano tranquillamente essere associati tra loro senza causare incredulità o ilarità; in attesa di raccogliere materiale ed idee per un post più articolato sul cinema di fantascienza sociologica italiano degli anni sessanta e settanta volevo scrivere alcune righe su questa ottima pellicola che ho avuto il piacere di vedere di recente.
Tratto dall'omonimo libro del 1941 dello scrittore argentino Adolfo Bioy Casares, il film racconta di un ricercato in fuga che cerca salvezza su quella che ritiene essere un isola deserta, qui scoprirà però di essere tutt'altro che solo: sull'isola vivono un gruppo di persone in quella che sembra essere una perenne villeggiatura. L'uomo, per timore di essere denunciato, tenta di rimanere nascosto fin quando non viene scorto da una giovane donna. O almeno così crede: presto scoprirà che la ragazza, così come tutti le altre persone sull'isola, ignorano completamente la sua presenza. Da questo punto di partenza si sviluppa una storia che pone l'accento sulla ricerca dell'immortalità e sul rapporto tra la memoria e realtà.
Girato con mezzi che ad oggi possono sembrare limitati ma che in realtà sono una scelta voluta di scarna essenzialità, il film ha la sua forza nell'atmosfera di solitudine che comunica, enfatizzata sia dalle suggestive location che dalle interessanti scenografie. Se per i primi trenta minuti questa sensazione di abbandono è quasi normale, infatti vedremo soltanto il protagonista aggirarsi per l'isola apparentemente abbandonata in una serie di scene completamente prive di dialogo, è nel proseguire del film, quando vedremo il naufrago circondato da persone ma allo stesso tempo ancora solo, che queste atmosfere vengono massimizzate anche grazie al contrasto tra gli ospiti agghindati a festa e lo stremato fuggiasco dai vestiti stracciati e dall'aspetto emaciato. L'ottima pellicola è forse penalizzata da un finale che pare troppo frettoloso, specie se paragonato ai tempi dilatati delle battute iniziali, nonostante questo "L'invenzione di Morel" rimane uno splendido esempio di quello che il cinema italiano era capace di fare quando ancora aveva il coraggio di misurarsi con la fantascienza di qualità.
1 commento:
Film cosiddetto "sperimentale", a distanza di anni mantiene intatto tutto il suo fascino.E, considerazione assolutamente personale, fa fare brutte figure a certi film odierni prodotti nel nostro paese.
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